Gay & Bisex
Maschi al Bar
di Bottony
09.03.2021 |
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"Li vidi uscire mentre scimmiottavano e parlottavano tra loro..."
Era una mattina di settembre e l’estate sembrava averci lasciato già da un pezzo quando avevo deciso di partire per una località marittima del Portogallo, dovendo smaltire un po’ di ferie arretrate.Quella che non mi voleva lasciare era, invece, la voglia di mazza che mi aveva accompagnato durante tutta l’estate senza però essere soddisfatta – ero molto timido e, anche se ero molto carino e ci sapevo fare (e avevo avuto delle discrete esperienze), non trovavo occasioni soddisfacenti.
Quel giorno a Vilamoura iniziò, invece, la mia avventura che mi portò poi ad una serie durevole di coiti notevoli.
Mi piaceva fare dei viaggi in solitaria e credevo che in verità fossero per me quelli più belli e ricchi di esperienze. Avevo organizzato il tutto per il mio Viaggio in Algarve e mi aspettavo di fare anche qualche esperienza piccante in mezzo a qualche visita culturale, spiaggia e o luogo solitario. Se capitava, bene!
Anche quella mattina mi ero alzato presto e mentre stavo prendendo un caffè al bar dell’hotel che avevo preso proprio nella Marina di Vilamoura, mi avvicinai al tavolo dove erano seduti quelli che sembravano dei grossi brutti ceffi alti e tarchiati (proprio come mi piacevano – questione di gusti).
La cosa mi ha incuriosito non poco ed ovviamente mi avvicinai con la massima indifferenza possibile. Parlavano tra loro e sembravano amici. Erano tutti e sei ben piazzati e, facendo finta di niente, mi misi a bere il mio caffe in un posto accanto al loro tavolo per scrutare meglio quelle facce e quei corpi.
C’era un tipo, il più figo di tutti, con una canotta blu slabbrata, con dei tatuaggi sul braccio sinistro e che metteva in bella mostra bicipiti possenti e braccia grosse. Era quello più imponente, biondo e teutonico dagli occhi azzurri. Aveva l’aspetto di quello più antipatico del gruppo ma in ogni caso il più bello nonostante la faccia un po’ da porcellino – era il tipo che, essendo alto forse più di 1,90 m e ben piazzato, mi faceva più sesso. Seppi poi che si chiamava Ronny.
Solo un altro tipo era degno di nota, o meglio da archiviare negli annali, anche se non lo vedevo bene in quanto mi dava le spalle (mi ero messo proprio in fronte al biondo e quindi avevo preferito quella visuale). Aveva dei capelli mossi e scuri ma il suo viso era molto bello. Aveva delle braccia grosse anche lui, alto forse ancora più del primo, e indossava una maglietta bianca e dei pantaloncini corti blu. Sembrava un tipo buono e tranquillo e si limitava spesso a sorridere alle battute degli altri (che seppi poi si chiamava Marian). Insomma uno stallone mansueto pensai fra me, un colpo me lo sarei fatto dare anche subito.
Gli altri erano tipi piuttosto normali anche se tutti alti e robusti, carini certo, ma mi parve che non erano all’altezza del biondo e del moro. Erano tutti trentenni a ben vedere. La mia curiosità si stava sempre più infittendo.
Feci degli scatti con il cellulare alla ciurma giusto per ricordarmi l’evento senza farmi accorgere perché quegli assembramenti di maschi non si vedono tutti i giorni. Mi rimisi a vedere le foto nel cellulare, un po’ per evitare di fissarli in continuazione e un po’ per ingrandire le immagini e vederli meglio. Mi accorsi, che tra tutti, vedendo bene, ce n’era uno che quanto a mascolinità e prestanza sembrava davvero non male – un terzo soggetto a cui avevo trascurato le mie attenzioni. Era l’unico che stava fissando l’obiettivo perché forse incuriosito dal telefono in quella non spontanea posizione.
Era seduto e non riuscivo a distinguerne l’altezza ma sembrava ben piazzato. Indossava un cappellino da baseball e una maglietta azzurra con il famoso cavallino. Aveva anche lui braccia possenti e occhi azzurri; occhi che comunque non riuscivano a dargli un aspetto meno rustico di quello che madre natura gli aveva conferito. Era seduto scomposto vicino al biondo e gli cingeva la sedia con il suo braccio poggiato sopra lo schienale, ogni tanto il bicipite si gonfiava – era un braccio grosso ma non proprio palestrato come erano invece quelli del biondo accanto (l’adone del gruppo). Quando rideva vedevo che trasaliva un po’ e muoveva tutto il corpo e il petto si inarcava, insomma proprio da vero uomo. C’era qualcosa in lui che mi attirava: forse era il cambio repentino di espressione quando rideva e poi ritornava serio e maschio, i suoi occhi seriosi e mascolini, la sua mascella forte e la barba di qualche giorno.
Era davvero un bel torello con un bel collo massiccio che si lasciava intravedere nella sua prestanza dallo scollo largo della sua maglietta azzurra. Quando giravo lo sguardo, lo vedevo con quella bocca molto carnosa semi aperta da cui spuntavano denti bianchissimi. Una bocca piuttosto piccola ma da baciare subito. Fantasticavo senza sosta.
Ad un certo punto lo intercettai e lui mi intercetto e io mi lasciai intercettare.
È stato un semplice gioco di sguardi, forse una curiosità da parte sua o una richiesta. Non capivo cosa fosse quello sguardo ma sapevo solo che mi aveva completamente steso. Lui intanto si girava e rigirava. Ad un certo punto si alzò in piedi e si mise alle spalle della sua stessa sedia, cingendo lo schienale e flettendo i tricipiti. Si diede una aggiustata al pacco e a quel punto non potevo più smettere di guardarlo o di lasciare lo sguardo da quel corpo magnifico.
Dopo una risatina all’ennesima battuta vidi che mi diede un sguardo furtivo e si allontano verso i cessi. Mio dio tremavo come una foglia. Avevo il cazzo duro come un bastone e quello che me lo aveva fatto rizzare stava per andare in bagno dopo avermi dato uno sguardo libidinoso (mi chiedevo se fosse un invito a seguirlo). Era alto circa 1.80 (adesso lo vedevo meglio, molto prestante e pettoruto – i suoi grossi polpacci da dietro mi sembravano tutti da leccare.
Mi alzai senza far credere che lo seguissi e poggiai la tazzina del caffè al centro del mio tavolino. Mi misi in ordine i pantaloni e mi avvicinai piano al bagno nella speranza di ritrovarlo all’orinatoio ancora intento a mingere… e così fu. Mi avvicinai e lo vidi da dietro ammirando le sue spalle robuste. Mi sbottonai la patta e mi misi nell’orinatoio proprio non prossimo al suo e lo guardai. Lui si girò verso di me, mi guardo senza cambiare espressione del viso, si rivoltò a guardarsi l’uccello e sputò nel pisciatoio scostandosi un po’ e lasciando in bella vista per me il suo cazzo barzotto, paffuto e di ragguardevole dimensione.
Pensai subito al fatto che avevo proprio sbagliato tutto con quella faccia da affamato che avevo – che si sarebbe allontanato schifandomi – invece si spostò dall’orinatoio al cesso che stava proprio dietro.
Lo vidi lì, fermo con la porta socchiusa che mi fissava con una faccia vogliosa. Mi sentii avvampare e non sapevo proprio cosa fare. In un attimo entrai e lui chiuse a chiave la porta. Si avvicinò, mi prese dal collo con la sua mano e mi ficco in gola la sua lingua. Era poggiato alla parete di fianco al cesso e con l’altra mano continuava a menarsi l’uccello scappellandolo. Mi fece un segno con la testa senza dire una parola. Voleva che glielo ciucciassi. Così mi abbassai e obbedii al suo invito porcino. “Bravo, così! Succhialo tutto!” mi diceva in inglese mentre tremava dal piacere (che spettacolo). Prendevo la sua cappella con la bocca e davo dei colpi di linguetta pregustandomi il liquido prespermatico. Ad un tratto mi sentii sollevare dalle ascelle con forza, mi baciò appassionatamente con la lingua avidamente, mi abbasso i pantaloni e mi mise il suo cazzone tra le gambe. Era bello, alto, robusto, con un bel cazzo ed io sentivo che stavo per venire. Era davvero focoso e sentivo la sua barba strusciare sulla mia. Sulla sua fronte cominciavano a spuntare delle gocce di sudore ed io le trovai così sexy che le leccai (sentivo il suo sapore). Lui mi sorrise e finalmente, mi accorsi che aveva dei meravigliosi occhi azzurri. Continuava a spingere il suo cazzo in mezzo alle mie gambe e con la mano da dietro cominciava ad insinuarsi e toccarmi il culo, poi con le dita esploro il buco.
Così gli tolsi il cappellino e lo buttai a terra. Lui non fece una piega e sorrise cogliendo come un buon segno quest’ulteriore mossa. Sentiva che ero suo. Rispetto a quella sua enorme mole, lo spazio angusto del bagno era davvero scomodo per muoversi. Io godevo e toccavo tutta quella avvampante estensione fatta di muscoli, peli e goccioline di sudore. Vene grosse e arrossamenti localizzati. Una tonnellata di maschio tutta a mia disposizione.
Sentimmo un rumore di piscio scroscioso provenire da fuori.
Ci stringemmo facendo piano e lui mi voltò. Mi avvicinò al water e mi fece mettere a pecora. Mi sputò sul buco e poi spalmò per bene con la punta del suo cazzo. Sentivo un piacere enorme e non avevo il preservativo in tasca. Lui spinse e mi disse di stare tranquillo “lo poggio soltanto!” e mi strinse forte le spalle per continuare a fare quello che stava facendo, con quella convinzione che se avesse mollato la presa avrei potuto scivolargli via dalle mani. Una determinazione e una pressione che mi fece eccitare ancora di più tanto che in quel momento stesso il mio buco si aprì per lasciare spazio alla sua cappella. Poi fece dei movimenti in avanti e al piacere iniziale si mescolò il dolore per l’ingresso di quel pezzo di carne nodoso su per il mio sfintere. Pian piano arrivò a metterlo tutto dentro e si fermò. Mi diede un bacio sulla schiena e poi mi chiese se mi faceva male. Gli dissi di fare piano e così fece fin quando il mio ano non fu abbastanza dilatato da accogliere la sua mazza senza tribolazione. Lui cominciò così una lunga ed estenuante chiavata ed io mi incastonai perfettamente con il mio culetto nella sua zona inguinale. Mi teneva fermo dalle spalle e quando avvicinai la mano per toccare quelle cosce pelose e forzute che stavano sforzandosi per ciularmi al massimo, mi bloccò e mi prese dalle braccia. Io ululavo di piacere e non pensavo al fatto che ci trovavamo nel cesso di un bar; nella sua morsa libidinosa da maschione voglioso ero totalmente a mio agio. I suoi movimenti si fecero più decisi ed intenzionati a raggiungere a breve il meritato amplesso, io venni precipitosamente (senza toccarmi, tanta era l’eccitazione) sulle scarpe e sui calzoni abbassati inzozzando tutto mentre sentivo quello spadone trivellarmi da dietro. Sentii dolore ma non ci feci caso perché quei movimenti erano davvero brutali e me li sarei solo sognati in altre circostanze ed in quella c’erano. Cominciava a stringermi più forte ma non sentivo più dolore. Mi venne dentro ed io non mi spostai, lui avvicino la sua bocca al mio orecchio, mi cinse stretto e disse “no!”, mentre sentivo il suo calore e l’umidità del suo viso sudato permeare il mio viso. Feci un gesto con la testa che lo rassicurò. Sfilò il suo cazzo dal mio culo (senza poco dolore per me, ricordo bene!), si rivestì in un attimo ed uscì dal gabinetto lasciandomi lì a pulirmi con la carta igienica.
Uscii e mi lavai le mani. Ritornai al bar. Il tavolo era sempre occupato dai tipi e non potei mancare di vedere che adesso gli sguardi lascivi si notavano nelle facce di tutta la ciurma.
Mi sedetti allo stesso tavolo dove stavo prima ed ordinai una spremuta d’arancia. Ero tutto dolori al culo. Li vidi uscire mentre scimmiottavano e parlottavano tra loro.
Ero perplesso e soddisfatto.
Quando mi alzai e chiesi il conto la cameriera mi disse, con un inglese raffazzonato, che il mio conto le risultava già addebitato dai signori che erano appena usciti. Sul conto della loro stanza. Mi sorrise e non seppi cosa rispondere.
Uscii e non vidi più nessuno se non turisti vecchi intenti a fare la passeggiata mattutina nel molo.
(PS: la fantasia consente di spaziare senza rischio in luoghi in cui nella realtà si fanno i conti con rischi non preventivabili. Usare il preservativo nei rapporti occasionali e con gente di cui non si abbia la sicurezza è assolutamente di rigore. Il piacere viene sempre dopo il rispetto per la propria salute e quella degli altri!)
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Vi invitiamo comunque a segnalarci i racconti che pensate non debbano essere pubblicati, sarà nostra premura riesaminare questo racconto.
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